Ci sono disegni su un foglio già prestampato che mandano
avanti questo universo a noi caro del calcio.

E poi c’è chi ogni tanto decide di
sconvolgerlo l’universo: un visionario, un genio, un semplice folle che prende questi disegni e li scarabocchia, ne confonde le linee per far credere a noi poveri sognatori che si può raccontare un’altra storia.

Vi parlo di  una Lazio che prese l’intero sistema, lo accartocciò e lo buttò nel
cassonetto.

Fu la Lazio che rasentò il fondo, fu la Lazio che guidata da
Maestrelli arrivò al massimo splendore, fu la Lazio di Chinaglia e delle partitelle a Tor di Quinto, delle pistole, dei cowboys, di una banda di
pazzi con che andò a prendersi la gloria.  

Pulici, Petrelli, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi,
Chinaglia, Frustalupi, D’Amico, Maestrelli. 

Una poesia  che si recita a memoria anche per quei tanti, come me, che ancora non esistevano.

Era un altro tempo, un’altra Italia, gli anni di piombo e forse solo in quel periodo poteva nascere questa favola per caso destinata alla leggenda.

E’
vero, la Lazio è di più, la Lazio c’è stata anche prima di quel 1974, ma…… fatevela raccontare e vedrete da soli; non c’è un tifoso che lo fa senza gli occhi lucidi.

Una squadra tanto magnifica quanto “maledetta” per gli eventi che seguirono poi, per gli addii che seguirono poi. Oltre ogni
retorica, quella fu davvero unica nel suo genere. 

Se ne
dissero e se ne dicono ancora tante: pazzi, pistoleri, violenti… Ma il cuore,
quella è un’altra roba e non come adesso che il
calcio lo fanno miliardi, diritti televisivi e procuratori. 

Quella era un’altra squadra che apparteneva ad un altro mondo senza “mercenari”.

Spaccata a metà nello spogliatoio, ma in campo sapeva fare una cosa speciale: giocava insieme. E quello
scudetto se lo andò a prendere il 12 maggio del 1974, la conclusione più
sensata per questo nostro racconto illogico.

Squadra alla quale il destino avrebbe portato
via di lì a poco alcuni dei suoi grandi protagonisti come se l’universo avesse
voluto insegnare a noi poveri illusi che la gloria, seppur eterna, è sono solo
un palliativo.

La vita è una disgraziata, pronta a dare e togliere. La fortuna seduce e dopo aver passato una notte nel tuo letto ti abbandona. Tommaso
Maestrelli
, il “Maestro” se ne andò nel 1976 per un tumore al fegato
e poi Luciano Re Cecconi appena qualche mese dopo. Nel 1987 si spense anche
Lenzini, presidente di quella miracolosa cricca.

 Insomma, la Lazio del ’74 era
destinata a rimanere insieme solo nei ricordi.

Senza nulla togliere a Cragnotti che fece miracoli, a chi ci fu prima ancora,
l’epopea biancoceleste iniziò con quella banda di pazzi che dimostrò
a tutto il mondo che non è sempre la ragione a vincere, ma che spesso anche il
“cattivo” può scrivere il lieto fine della favola.

Insegnò che non vincono soli i milioni, i più “sensati”, quelli che sono ligi al buon comportamento e che almeno una volta, lo Scudetto arrivò tra colpi di pistola.

A loro va l’immortale nostro rispetto:

Pulici, Petrelli,Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re
Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, D’Amico, Maestrelli.

Perché la prima volta non si scorda mai
#DiPadreInFiglio
#DNALAZIo

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